Dipendenza dai social

Dipendenza dai social: come i ‘social network’ stanno cambiando le relazioni umane

Sì, è proprio il caso di dire febbre da facebook: come una vera e propria malattia, il perdersi dentro il mondo virtuale sta contagiando l’intera nuova generazione e insieme ad essa anche, e sempre più, quelle vecchie. Una sorta di ‘pandemia’ mondiale che sembra ormai inarrestabile; chi oggi cerca di resistere a questo nuovo modo di comunicare appare vecchio, obsoleto, quasi ridicolo. ‘Come non sei su facebook? E che cosa aspetti a iscriverti? Non vorrai mica rimanerne fuori, ci siamo tutti!’ Certo, che sciocchezza pensare di fare una telefonata per fare gli auguri di compleanno ad un amico o mandargli un sms, con facebook è tutto gratis… e che stupidaggine pensare addirittura di andare a trovarlo a casa per salutarlo, lo puoi fare con facebook molto più velocemente. E allora ti iscrivi ed entri in questa realtà, pensando che, se non altro, puoi avere la possibilità di ritrovare vecchi amici lontani o parenti sparsi in tutto il mondo; ma poi ti accorgi che a ‘chiederti l’amicizia’ è l’amico che incontri quotidianamente o il parente che vedi frequentemente; oppure, più spesso, persone che appena conosci e che ti mandano gli auguri di compleanno perché facebook comunica loro che ‘oggi è il compleanno di…’. Oppure, ancora, ti ritrovi a far parte di quel chiacchiericcio inutile che commenta cose o idee di altri e a dover esprimere la tua opinione in merito a cose che non ti riguardano. Come accade spesso, credo che anche nell’uso di facebook – così come è avvenuto nell’uso dei cellulari o di internet più in generale – si sia superato il limite, quel limite necessario per non trasformare un utile mezzo in un inutile passatempo. Nato effettivamente a seguito della geniale idea di poter ritrovare persone lontane, conosciute in passato e quasi dimenticate, è diventato il modo di comunicare e relazionarsi tra amici intimi, vicini di banco, colleghi di lavoro, parenti stretti… Credo che non ci voglia molto a comprendere che dietro a questo nuovo mondo c’è una profonda e sempre maggiore solitudine: solitudine di ragazzi che invece di incontrarsi al bar per scambiarsi due parole ‘chattano’ su facebook nel silenzio della loro camera; solitudine di amici che non sono più in grado di fare a meno di quel ‘tramite virtuale’ per invitarsi a cena, solitudine di colleghi che in ufficio appena si guardano ma che poi si ritrovano ad essere ‘amici’ su facebook. Tutti lì dentro sono amici; alcuni ne hanno addirittura cinque o seicento. Ma se per un attimo ci soffermiamo a riflettere sul valore delle parole, non possiamo negare che l’amicizia, quella vera, quella con la ‘a’ maiuscola, in realtà è cosa rara. E’ un legame profondo e intenso che si crea con il tempo, con l’intimità, con il coltivare insieme passioni, gioie e col condividere anche i dolori; proprio per questo è difficile da trovare, una fortuna non di tutti ma per pochi fortunati, per i quali è un valore immenso, prezioso, da custodire con cura. Facebook – così come altri ‘social network’ – ha portato ad una profonda trasformazione in questo senso, ha cambiato e sta continuando a cambiare il modo di vivere e concepire l’amicizia; se tutti sono amici di tutti e basta così poco per averne tanti non dovremo fare molto altro, solo entrare dentro e iniziare a chattare. Questo ci darà l’illusione di non essere soli, di avere tante persone che ci vogliono bene e che ci saranno in caso di bisogno… ma pensiamo che sia davvero così? Quanti di quei cinque, seicento amici si farebbero in quattro per te? Quanti possiamo davvero chiamare AMICI? Credo non più di tre, quattro persone. Purtroppo invece questo nuovo mondo virtuale appare interessantissimo ai più: la maggior parte delle persone, soprattutto adolescenti, non riesce a vedere cosa può nascondersi dietro a tutto ciò e ad averne una visione critica, mentre io credo che occorra sforzarsi di andare oltre quello che appare come un gioco divertente. I social network, le chat line, i forum di discussione – e quant’altro – consentono ai ragazzi di tutto il pianeta di mettere in onda la propria vita quotidiana, la propria immagine più bella, le bugie, le confessioni imbarazzanti. Sulla rete si possono intrattenere rapporti confidenziali con sconosciuti – che forse mentono su tutto –, si può raccontare la propria storia e confidare quel segreto che nessuno conosce. Del resto i bambini di oggi nascono davanti ad uno schermo e con una tastiera in mano, per cui, una volta adolescenti, hanno due possibilità di costruire legami di amicizia e di amore: la realtà sociale della scuola, dello sport, del tempo libero e quella virtuale. Allo stesso modo il genitore di oggi ha il difficilissimo ruolo di controllare due vite: la vita di gruppo reale e la vita di gruppo virtuale. Per quanto non sia facile capire che cosa succede quando il figlio esce con il gruppo degli amici, quanto meno si tratta di vicende che i genitori stessi hanno vissuto; ma quando il figlio sparisce nella realtà virtuale e dice che è nata una grande amicizia, addirittura un grande amore, come capire di che cosa si tratta? E come capire l’atteggiamento migliore da tenere? Ai genitori spetta il duro compito di ‘educare’ i loro figli ad un corretto uso del mondo virtuale e del computer in generale; devono insegnare loro ad usare uno straordinario strumento di comunicazione senza rischiare di finirne prigionieri, nell’illusione che quella sia la vera vita e quella della famiglia e della scuola tempo sprecato. I genitori possono contrattare con i propri figli la quantità di tempo che possono dedicare alle amicizie virtuali, ottenere di visitare ogni tanto la loro camera ed entrare in internet e poi aiutare i ragazzi a capire che è triste essere amico di qualcuno che non hanno mai visto, con cui non hanno mai mangiato, bevuto, giocato e che è tanto più triste essere innamorati solo di un’immagine, amare ‘senza corpo’. D’altra parte però è importante che i genitori non disprezzino i legami virtuali dei loro figli, dal momento che si verrebbero a creare solo ulteriori e pesanti incomprensioni: anche se difficile da credere, per i ragazzi di oggi gli amici virtuali possono essere ‘veri’ amici o l’amore può essere ‘vero’ amore. Quindi da una parte occorre che la realtà virtuale venga conosciuta e accettata, dall’altra occorre che essa venga limitata e controllata: in una sola parola occorre trovare il giusto equilibrio tra il ‘tutto’, che sarebbe sbagliato, e il ‘niente’, che sarebbe altrettanto sbagliato. Questo affinché i ragazzi – ma più in generale tutti noi che usiamo il computer, navighiamo su internet, discutiamo tramite lo schermo… – non si ritrovino ad avere sempre più ‘amici’ ma ad essere sempre più soli. Il rischio è che, in effetti, si crei un vero e proprio circolo vizioso: più usiamo il virtuale per relazionarci con altre persone, per conoscere nuova gente, più finiremo per sentirci soli e tanto più ci sentiremo soli più useremo il virtuale per cercare di sfuggire alla solitudine. Solo dalla nostra educazione verrà l’educazione dei nostri figli.

Ilaria Artusi
L'autrice: Ilaria Artusi
Psicologa e psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Breve Strategica, training autogeno ed autoipnosi. Svolgo attività di consulenza clinica, sostegno psicologico e psicoterapia rivolta al singolo, alla coppia e alla famiglia. Tengo cicli di incontri di divulgazione psicologica rivolti a un pubblico di non specialisti.

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