Essere genitori

Essere genitori è un mestiere molto difficile; la prima responsabilità di un genitore è quella di proteggere i figli garantendo loro cibo, riparo, calore, intimità, fiducia e carezze, sia quelle propriamente fisiche che quelle di riconoscimento.

Huxley scriveva: Datemi genitori migliori e vi darò un mondo migliore.
E’ molto importante che i genitori si diano il permesso di usare, nella relazione col figlio, tutta l’intera gamma della propria emotività e usino le proprie emozioni per aiutare il figlio a imparare a esprimere quello che prova in ogni situazione da lui vissuta –. Un buon genitore è colui che soddisfa uno dei bisogni fondamentali del figlio, quello che nell’Analisi Transazionale si chiama ‘il bisogno di carezze’, ossia di tutti quei gesti consolatori, costruttivi e di sostegno, comunicati verbalmente o attraverso un contatto. Tutti noi abbiamo bisogno di carezze e le carezze sono di cruciale importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo del bambino. Purtroppo non sempre i genitori sono dei ‘buoni genitori’: un genitore che non consola ma critica, che non ascolta ma giudica, che non protegge ma mantiene una distanza fisica ed emotiva col figlio, che non accoglie ma è violento, che non comprende ma impone… comporta la formazione di una personalità fragile, problematica, caratterizzata in particolar modo dall’idea da parte del figlio di ‘non essere Ok’. Crescendo il bambino incorpora innumerevoli messaggi su sé stesso e sul mondo che lo circonda diramati dai suoi genitori, che entrano a far parte del suo stato di Io Genitore. Se il figlio avrà fatto esperienza di genitori naturali anaffettivi e violenti, sarà, con molta probabilità, portato a formare dentro di sé un Io Genitore malato e, di conseguenza, un copione autodistruttivo. In particolare, i genitori hanno un ruolo cruciale nella formazione di quello che è il sistema di riferimento del figlio, ossia l’insieme di percezioni, concetti, comportamenti e emozioni da lui usati per definire se stesso, gli altri e il mondo. E’, in altre parole, la struttura all’interno della quale ognuno di noi risponde a domande quali ‘Come so che esisto?’, ‘Chi sono?’ ecc… Ma in che modo i genitori influenzano la formazione del sistema di riferimento di un figlio? Lo fanno perché è nella prima infanzia che il bambino arriva a definire i parametri di tutti i suoi pensieri, sentimenti e comportamenti e lo fa proprio a partire dai genitori, in particolare dai messaggi che essi inviano al figlio e che definiscono come il bambino vedrà il mondo, cosa penserà di lui, degli altri, del significato  di parole come ‘buono’, ‘cattivo’, ‘voglio’, ‘bisogno’, ecc…

D’altra parte, per quanto sia appurato che la deprivazione di affetto comporta gravi conseguenze per un sano sviluppo del bambino, è anche vero che l’eccesso di ‘amore’, in senso di protezione e di costanti attenzioni, è altrettanto rischioso per uno sviluppo adeguato dei nostri figli. Cercherò di spiegare brevemente il motivo di questa mia affermazione: il bambino molto piccolo, nei primi mesi di vita, crede che sua madre abbia i suoi stessi sentimenti e reagisce ai sentimenti di lei con una partecipazione totale: è la fase della ‘simbiosi’. Una simbiosi naturale ha lo scopo di promuovere nel bambino, attraverso la fusione con sua madre, lo sviluppo di quelle capacità di spontaneità, consapevolezza e intimità che sono state definite da Berne ‘la salute mentale’ e che, a causa della sua età, non potrebbe da solo sviluppare. A due anni comincia a capire che lui e sua madre sono due entità separate. Se la simbiosi tra la madre e il bambino è una ‘sana simbiosi’, allora a questa seguirà la sua risoluzione grazie alla quale il bambino potrà crescere sano, maturo e indipendente. Ma se la madre non favorisce questo processo naturale di distacco continuando a iperproteggere il figlio oltre l’età adeguata – continuando ad esempio ad imboccarlo quando potrebbe farlo da solo, non aiutarlo a rendersi autonomo procrastinando il momento del togliere il pannolone per i suoi bisogni o di dormire nel suo lettino – allora il bambino può incontrare maggiori difficoltà nel distaccarsi dalla madre, o comunque dalle figure di riferimento, perché crederà di non esserne in grado. L’iperprotezione, in altre parole, può diventare l’altra faccia della medaglia della deprivazione affettiva e interferire con un positivo sviluppo psico-fisico del bambino. Dal momento che una simbiosi si stabilisce quando due individui si comportano come se avessero bisogno l’uno dell’altro per formare una persona intera, ciò comporta che, in una simbiosi malata, né la madre né il bambino energizzano completamente tutti i propri stati dell’Io: la completezza Io Genitore – Io Adulto – Io Bambino si ha solo dall’unione di entrambi. In breve possiamo dire che la psicopatologia legata alla simbiosi è dovuta all’incapacità della persona di essere completa da sola, energizzando in modo equilibrato tutti e tre gli stati del proprio Io. Quando la simbiosi evolve in modo malato, allora il bambino impara a soddisfare i propri bisogni legati ai residui simbiotici continuando a comportarsi verso gli altri nello stesso modo in cui si comportava nella relazione originaria, inconsapevole di avere alternative a disposizione. Il bambino oramai cresciuto cercherà attivamente persone che entrino nella relazione con lui con le stesse modalità della sua relazione simbiotica originaria. Ma, in realtà, le persone adulte possono soddisfare meglio i propri bisogni attraverso relazioni autonome piuttosto che attraverso relazioni simbiotiche patologiche.

Ecco allora che il vero equilibrio sta in mezzo: dare amore incondizionato ai nostri figli senza però che questo amore sia un freno alla naturale espressione del loro essere in tutte le sue forme.

Ilaria Artusi
L'autrice: Ilaria Artusi
Psicologa e psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia Breve Strategica, training autogeno ed autoipnosi. Svolgo attività di consulenza clinica, sostegno psicologico e psicoterapia rivolta al singolo, alla coppia e alla famiglia. Tengo cicli di incontri di divulgazione psicologica rivolti a un pubblico di non specialisti.

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